miti

 




 
Sono molte le leggende e le storie che narrano le gesta di Robin Hood. Gli studiosi non sono, tuttavia, ancora riusciti a stabilire in modo definitivo il mistero che avvolge questo personaggio, scoprire, in altre parole, se egli sia veramente esistito o se, invece, si tratti molto più semplicemente di un puro parto della fantasia popolare.
I cronisti medioevali parlano di lui come di un personaggio storico vissuto tra l'XI e il XIII secolo (i pareri sono a questo proposito discordi, alcuni dicono tra il 1100 e il 1200, altri tra il 1150 e il 1250). Egli viene per la prima volta citato nel 1377 nell'opera "Piers Plowman" di William Langland poi è presente in numerose ballate del tardo '400, quali le cosiddette "Border Ballads" e la "Lytell Ceste of Robin", dramma del 1495 che rappresenta una delle prime collezioni di ballate conosciute.
Come personaggio storico è menzionato nella "Chronicle of Scotland" di Wynton, opera del 1420.
Robin Hood non deve però certo la sua fama a questi scritti, bensì ad una serie di libri appartenenti ad una letteratura più recente, dedicata per lo più ai ragazzi, che ne hanno arricchito, abbellito e talvolta sostanzialmente modificato la figura. Le prime versioni stampate delle ballate su Robin Hood appaiono in Inghilterra nel primo XVI secolo, con l'avvento della stampa. In esse egli è un mercante o un contadino ed è, solamente in un secondo tempo, verso la fine dello stesso secolo, che diventerà un nobiluomo: Earl di Huntington, Robert di Loksley o Robert Fitz Ooth.
Ma il Robin Hood della moderna leggenda deriva da opere quali "Robin Hood il proscritto" di Alexandre Dumas padre, il volume "Merry Adventures of Robin Hood" di Howard Pyle, l'omonima opera comica di Reginald De Koven. Alfred Lord Tennyson fece poi di lui la figura principale del suo dramma "The Foresters" e Sir Walter Scott lo presentò sotto le vesti di Locksley nel suo "Ivanhoe".
Tutte queste opere ci hanno tramandato la figura di Robin Hood come quella di un generoso nobiluomo che si vede obbligato a cercare rifugio nella foresta di Sherwood, non lontano da Nottingham, a causa del malvagio re Giovanni che gli confisca le terre e lo bandisce per la sua lealtà a re Riccardo Cuor di Leone. In breve tempo altri giovani uomini, che al pari di lui hanno subito torti ed ingiustizie, lo raggiungono nella foresta, e così egli diviene il capo di una banda di fuorilegge. Robin ruba ai ricchi e dona generosamente il ricavato delle sue scorrerie ai poveri; per questo motivo è amato dal popolo che lo aiuta e lo protegge e le ballate cantano del "coraggioso Robin e della sua allegra banda" e di come essi riuscirono sempre a farla in barba al loro acerrimo nemico, lo sceriffo di Nottingham.
Il personaggio di Robin Hood ha da sempre suscitato l'interesse di un gran numero di studiosi, sia per il fatto che non si è ancora riusciti a scoprire se si tratta o no di un personaggio storico, sia perché la sua memoria è stata per molto tempo, specialmente in passato, indelebilmente impressa nel folclore anglosassone. Così come per molti altri personaggi, anche per Robin Hood sono state proposte curiose e interessanti teorie ed è proprio su queste che intendiamo ora soffermarci con maggiore attenzione.
Vi è, per esempio, chi ha paragonato le leggende che lo riguardano a quelle dei folletti, degli elfi, delle fate e degli spiriti dei boschi. In effetti, è curioso notare come il nome Robin sia comune a molti di questi racconti fantastici: Robin Goodfellow è secondo la tradizione inglese, il menestrello della corte d'Oberon, il re dei folletti; vi è poi l'Hob-goblin, anche chiamato Rob-goblin o goblin Robin, un folletto del folclore francese amante dei cavalli e delle giovani e belle donne. Anche l'abbigliamento di Robin Hood è assai simile a quello dei folletti e degli spiriti dei boschi, che venivano solitamente rappresentati con pantaloni e casacca verdi, stivaletti a mezza, gamba e con il caratteristico cappello a punta adornato con una lunga penna; e così dicasi pure per il suo scanzonato e allegro carattere.
Il fatto che più sembra convalidare l'ipotesi Robin-folletto è, tuttavia, rappresentato dalla grande quercia all'interno della quale, secondo la tradizione, si sarebbe celato il nascondiglio della sua banda.
Proprio nella quercia, infatti, ritroviamo un luogo comune di un certo tipo di credenze popolari assai diffuse in tutta l'Europa fin dall'epoca dei Celti.

Un'edizione del "Robin Hood" del secolo XV

«Anche le querce - scrisse Maria Savi-Lopez, insigne studiosa dell'800 - trovandosi in regioni meno elevate, sono sui versanti italiani delle Alpi, oggetto di credenze superstiziose; perché è impossibile che mentre si rinvengono tante reminiscenze di antiche mitologie, si sia perduto, sulle nostre montagne, ogni ricordo dell'importanza somma che ebbero nel culto dei Celti, ed in quello di altri popoli, che vedevano anche in esse gli alberi dedicati al possente dio Thunar. Di certo questa grandezza leggendaria delle querce come alberi sacri o dimora delle divinità, dovette essere combattuta energicamente dalla religione cristiana, che in tanti siti riuscì a farle ritenere come alberi degni di venerazione, secondo il concetto delle nuove credenze, solo perché sotto i loro rami o sui ruvidi tronchi si sospesero immagini della Madonna o di qualche Santo. Non sempre però si ottenne che la venerazione per le querce, come alberi sacri di molti pagani, si mutasse in rispetto per le immagini sante che trovavansi vicino ad esse; ma, essendosi trasformate in demoni innanzi all'immaginazione popolare le divinità alle quali erano consacrate, finirono con l'essere tenute come il centro intorno al quale si riunivano le streghe per le ridde notturne».
Ci serviamo proprio di questa ultima asserzione della Savi-Lopez per portare il discorso sull'ultima, in ordine di tempo, delle teorie avanzate circa la vera identità del fuorilegge gentiluomo.
Negli anni '70 del secolo scorso, infatti, la professoressa Margaret A. Murray, presidentessa della Società Folcloristica Inglese, avanzò l'ipotesi che Robin Hood e i suoi dodici compagni formassero una vera e propria congrega di stregoni. Autrice di due libri di grande successo: "The God of the Witches" (II Dio delle streghe) e "Witch-Cult in Western Europe" (II culto della stregoneria nell'Europa Occidentale), la Murray era convinta che il culto della stregoneria non fosse altro che un retaggio delle antiche religioni pagane.
«Le prove dimostrano - ella scrisse - che nell'entroterra della religione cristiana vi era un culto praticato da molte classi della comunità, e in particolar modo da quelle più ignoranti e da coloro che abitavano le regioni meno densamente popolate. Questo culto può essere rintracciato sino ai tempi precristiani ed era a quel che sembra l'antica religione dell'Europa Occidentale».
Riferendosi direttamente a Robin Hood, la professoressa Murray fece notare che il tredici è proprio il numero tradizionale dei membri di una congrega e il verde, colore dell'abito del leggendario personaggio, è da sempre considerato in Inghilterra il colore della stregoneria. Inoltre, Robin era uno dei nomi con il quale, si dice, il Demonio si presentasse ai Grandi Sabba, le feste orgiastiche a cui partecipavano secondo le antiche tradizioni streghe, stregoni e altri personaggi diabolici. Questi "festival" particolari si svolgevano il 2 febbraio (Candelora), alla vigilia del primo maggio (Notte di Valpurga), il primo agosto (Lammas, l'antica festa del raccolto), il 31 ottobre (vigilia d'Ognissanti). Tutte queste date indicherebbero l'effettiva sopravvivenza dei costumi pagani, in quanto corrispondono esattamente alla suddivisione dell'anno in due parti in uso presso i Celti, marcate dal primo maggio, Beltane, e dal primo novembre, Samhain, a loro volta suddivise in due parti inizianti il primo febbraio e il primo agosto.
È interessante notare che in Inghilterra, durante le celebrazioni medievali del primo maggio, un uomo vestito di verde e chiamato Robin Hood veniva proclamato re e un altro, addobbato con un grosso mascherone, interpretava Hobby Horse, il suo celebre cavallo. Secondo la Murray questa corrispondenza fra la festa di Calendimaggio e il Sabba della Notte di Valpurga, corrispondente al Beltane celtico, sarebbe un ulteriore elemento a favore della sua teoria.
Come semplice curiosità vale la pena ricordare che, da quei tempi lontani, il nome Hobby della cavalcatura di Robin Hood passò ad indicare il cavallo a dondolo dei bambini e, in seguito, un gioco o una collezione preferiti e con questo significato viene ancora oggi universalmente adoperato.
A prova della sua teoria, la Murray portò anche il fatto che la Chiesa, che circa trecento anni dopo la presunta data di morte di Robin Hood proibì la festa del Calendimaggio, odiasse Robin non solo per le sue ruberie ad abati e priori, ma proprio anche a causa delle feste demoniache che egli organizzava trascinando il popolo in divertimenti sfrenati e al di fuori della giusta morale.
Ventanni dopo la Murray Robert Graves ne riprese le teorie, ampliandole. Secondo questo autore, Robin non sarebbe stato il diminutivo di Robert, ma un appellativo derivato addirittura da un nome pre-teutonico, che significa "ariete". La rappresentazione di Robin Goodfellow come ariete-diavolo in diverse illustrazioni di almanacchi ne sarebbe stata un'antica eco.
Graves, inoltre, accostò il nostro personaggio non solo alla festa di Calendimaggio, ma anche a quella del rituale gaelico di Yule, l'uccisione del Re dell'anno vecchio, nel quale Hood, o Hud, che in gaelico significa "ceppo", gioca un ruolo centrale. Secondo questa interpretazione Robin avrebbe rappresentato il dio dell'anno nuovo che lotta e vince contro il Vecchio Inverno: nelle antiche pantomime, nelle quali i vari personaggi venivano rappresentati da attori improvvisati, Robin inseguiva il Re Vecchio e lo impiccava alla quercia, la stessa da cui si tagliava poi il ceppo; un monaco rinnegato, di nome Frate Tuck, ne celebrava quindi le nozze con Merry Mad Marian, l'allegra pazza Marian, figura ricollegabile, secondo Graves, addirittura alla Grande Dea Madre.
Cosa pensare dunque, ad un Robin-folletto o ad un Robin-stregone pagano?
Forse né all'uno né all'altro, e la stessa Savi-Lopez, a nostro avviso, ha già dato nella sua opera, se pur non facendo diretto riferimento a questo personaggio, la risposta a questo appassionante interrogativo, prendendo ancora una volta spunto dai miti legati agli alberi:
«... Da questa grandezza mitologica degli alberi, dalla credenza popolare che potessero avere anima e vita, essi acquistarono grande importanza nel mondo antico, e si giunse al punto di trovare molte relazioni fra gli alberi e le divinità, di maniera che presso genti diverse fu comune l'usanza di chiamare sacri i boschi, che si estendevano intorno a qualche tempio; anzi vuolsi che anche presso le popolazioni più antiche della Grecia, prima che l'arte fosse giunta a tale in quella regione da innalzare templi alle divinità nazionali, esse ebbero per sola dimora i boschi sacri; come pure furono sacre per i Celti ed i loro sacerdoti le misteriose foreste delle quali già tenni parola. In altri casi ancora un albero solo fu in mezzo ad un bosco ritenuto come prediletta dimora di una possente divinità, che dovea più tardi avere altro monumento; e specialmente i Druidi ritennero che i loro numi preferissero al tempio elevato da mani mortali, la misteriosa oscurità ed il silenzio delle foreste. Quando insieme alle nuove credenze cristiane si mescolarono stranamente nella coscienza popolare i ricordi delle antiche mitologie, le leggende bizzarre intorno agli alberi si moltiplicarono, e si conservò a lungo memoria di quelli che si credevano in particolar modo prediletti dalle divinità pagane; rendendosi pure ad essi da gente cristiana, una specie di culto».
È assai probabile che Robin Hood sia da considerarsi null'altro che uno di quei culti pagano-cristiani le cui origini potrebbero addirittura risalire all'epoca druidica. Solo in questo modo si potrebbero, infatti, spiegare in modo soddisfacente la diffusione popolare del suo mito, passato poi a tradizione, e l'accanimento della Chiesa nel cercare di debellarlo.
In seguito questo eroe fantastico personificò agli occhi del popolo la resistenza della razza sassone alla conquista normanna e la rivolta dei deboli contro gli abusi dei ricchi e dei potenti, e le ballate ne tramandarono le favolose imprese a favore degli oppressi e a terrore dei malvagi.
Il popolino, superstizioso e impregnato di concezioni pagane, avendo bisogno di dare una presenza tangibile al suo immaginario liberatore ricorse, forse involontariamente, ad uno dei metodi più antichi: associò cioè Robin Hood ad uno degli alberi della foresta di Sherwood. Ma a quale albero in particolare? A quello che ancora oggi è la più grande quercia di tutta l'Inghilterra, con i suoi nove metri di circonferenza, denominata appunto la Major Oak. In questo modo il personaggio acquistò agli occhi della gente forza e coraggio ed ebbe forse anche il potere di indurre i meno remissivi a compiere le prime azioni di rivolta contro gli invasori.
Qualunque sia la verità è un fatto che Nottingham ha ancora oggi come emblema uno stemma racchiudente un'enorme quercia, e che la sua popolazione ha innalzato un monumento al famoso arciere ed ai suoi allegri compagni, simboli di libertà ed indipendenza. Anche l'associazione tra Robin Hood e l'area della foresta di Sherwood e la contea del Nottinghamshire sembra, però, contraddire le cronache che lo indicano come originario dello Yorkshire: nato a Loxley o a Wakefield, nello Yorkshire e sepolto nel priorato di Kirklees, ancora nello Yorkshire!
La conclusione è, dunque, che certamente non esiste personaggio più controverso la cui origine si perde in un inestricabile miscuglio tra storia e leggenda, probabilmente frutto della fusione di un qualche personaggio realmente esistito, forse un bandito o forse nobile sassone decaduto, con preesistenti miti legati alle foreste e al misterioso "piccolo popolo" ad esse sempre associato.


La statua di Robin Hood a Nottingham

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