miti




 

Epifania, in greco, significa "manifestazione" e per i cristiani è la festa che onora Gesù come bambino-dio.
Si commemora rammentando l'adorazione dei "re magi" che, secondo la tradizione, si recarono a Betlemme guidati da una stella.
Furono definiti saggi orientali e astrologi che portarono al neonato: oro, incenso e mirra. Gaspare Melchiorre Baldassarre sono i loro, presunti, nomi.
Dopo il decimo secolo vennero considerati rappresentanti dei tre continenti (i soli a quel tempo conosciuti). I moderni calendari fissano, come data del loro "arrivo", il 6 gennaio ma le antiche tradizioni registrano la domenica compresa tra il 2 e l'8 gennaio.
Da molti anni questa festa è simbolizzata da una cena in famiglia, con intimi amici e... con l'arrivo della Befana!
Questa "agape", d'origine pagana, risale al tempo dei Romani che, in occasione delle feste saturnali, celebravano la fine dell'inverno.


                      


Esiste anche un'altra leggenda, quella del quarto re mago.
Essa è poco conosciuta e mi è gradito presentarla ai giovani lettori.



In quel tempo, nel paese oggi conosciuto come Perù, viveva un Inca di nome Humac Capac.
Molto amato dal suo popolo, che lo considerava un "mago", passava il tempo raccogliendo erbe, distillando filtri e studiando il corso degli astri.
Una notte notò una strana stella che si muoveva in senso opposto a tutti gli altri corpi celesti e andava verso il levante. Il saggio "mago" capì che qualche gran prodigio stava per accadere e decise di seguire l'enigma luminoso. Preparò quindi alcune bisacce, che riempì di doni e vesti preziose, senza accorgersi che un colpo di vento aveva fatto cadere una pigna in uno dei sacchi. Il giorno dopo caricò il tutto su alcuni lama e, dopo aver salutato i suoi fratelli, iniziò il viaggio dopo il sorgere del sole.
Alla sera la strana stella si fermava indicandogli il luogo ove riposare e di mattina si muoveva nuovamente per indicargli il cammino da seguire. Humac attraversò pianure e fiumi, scavalcò le Ande e dopo un anno e un mese si trovò di fronte all'immensità dell'oceano. A questo punto si dovette fermare. S'improvvisò carpentiere e falegname per costruire una canoa adatta a reggere i flutti che avrebbe dovuto attraversare.
Dopo un certo tempo, finita la navicella, giunse il giorno di imbarcarsi ed allora si accorse che buona parte del prezioso carico si era rovinato o andato perduto durante la faticosa marcia attraverso il continente, nel superare fiumi, monti, valli, deserti e giungle. Rimaneva però una notevole quantità di doni, e così decise di imbarcarsi per continuare a seguire la stella che sempre lo aveva accompagnato. Desiderava andare ad adorare il Salvatore, il Re dei Re preannunciato dalle antiche profezie contenute nei vetusti libri sacri che lui aveva consultato durante i suoi passati studi. Navigò a lungo, tra bonacce e tempeste, solo, tra cielo e mare ma sempre guidato dalla strana luce, finché un giorno naufragò sulle inospitali coste di un misterioso paese abitato da strani uomini: tutti avevano la pelle nera.
La stella sembrava più vicina.
L'Inca riprese il suo cammino a piedi, con i già ricchi abiti ormai ridotti a laceri stracci e con soltanto un modesto fagotto di piccoli doni. Attraversò tutta l'Africa, camminò nelle savane, nei deserti, nelle paludi malsane e nelle foreste, scavalcò montagne e valicò strapiombi. Fu attaccato da briganti e dalle fiere selvagge, riuscendo lo stesso a salvare un po' d'oro e qualche essenza, unitamente alla pigna, che portava seco, unico ricordo del paese natio. Fu catturato e venduto come schiavo. Dopo alcuni anni di prigionia riuscì a fuggire e ritrovò la stella, che sembrava dire, sempre più imperiosamente, "seguimi !".
Giunse finalmente in Palestina e vide la stella scendere per fermarsi al di sopra del capo d'una ieratica persona dalla pelle chiara, con una lunga veste bianca che ragionava di bontà. Il "pellegrino" capì di essere giunto al termine del suo viaggio, comprese che quello era il Salvatore che doveva adorare e s'inginocchiò davanti a quell'uomo che aveva circa trent'anni, tanti quanti erano gli anni del suo viaggio.
San Matteo non parla, nel suo Vangelo, di un quarto re mago perché egli appunto giunse anni dopo e non assieme agli altri tre saggi venuti dall'oriente.
"Perdonami o Signore - disse Humac con gli occhi umidi di lacrime - se mi presento così tardi. Mi ero messo in viaggio in tempo ma peripezie varie non mi hanno permesso di giungere prima. I doni che io avevo portato per Te sono andati perduti e sono stati rubati. Ho attraversato giungle, superato monti e deserti e ho valicato il mare per giungere a Te. Sono partito dal mio paese con sacchi di doni per Te e mi resta solo questa modesta pigna. Essa è tutto per me, è tutto ciò che ricorda il mio paese e il mio popolo lontano; è il mio tesoro ed io te lo dono". Gesù si chinò verso di lui e, prendendolo per le spalle amorevolmente, lo sollevò dicendogli: "Humac, in verità ti dico, il tuo dono mi tocca più dei regali preziosi che intendevi offrirmi. Sì, Humac, questa pigna è per me il più bello dei doni e voglio offrirti qualche cosa, tale che tu possa farne partecipe anche il tuo popolo".
Il figlio di Dio fece un gesto della mano e la pigna divenne brillante come l'oro che l'Inca aveva perduto durante il viaggio. "Ritorna dai tuoi cari e pianta questa pigna come un seme", aggiunse ancora il Redentore, "io non ti dimenticherò mai e così pure i tuoi fratelli".
Humac riattraversando, di nuovo, deserti, l'oceano, monti, giungle, fiumi e montagne, raggiunse il natio continente.
Piantò la pigna e da essa nacque il mais, una nuova pianta, grazie alla quale gli uomini rossi, non ebbero più fame.

È da notare che il mais è conosciuto solo come pianta da coltivazione e non è reperibile come pianta selvatica, in nessun luogo del continente americano, dal quale poi è stato importato, ai primi del '500, dapprima in Veneto, donde si è poi diffuso all'Italia settentrionale e dopo in tutta l'Europa. Altra curiosità è che, nella cattedrale di Cuzco in Perù, è conservata una statua della Madonna con in braccio Gesù Bambino che tiene in mano non il mondo, ma una pannocchia di mais in oro puro.

 

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