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Un eccezionale reperto archeologico viene ad arricchire il patrimonio lasciatoci dai Cavalieri del Tempio vissuti in questa bellissima valle occitana che negli ultimi vent'anni abbiamo fatto oggetto di tre libri (1).
Si tratta di un'inconfondibile croce (2) scolpita su una monofora medievale inserita nel muro della facciata del nuovo rifugio Grongios Martre situato a 1736 metri di altitudine lungo il sentiero che dalla frazione Castello di Pontechianale conduce a quello del Bagnour, raggiungibile in circa venti minuti di camminata. Il Martre conserva il nome delle baite (o grange, grongios in occitano) che qui sorgevano, ed è nato da un'idea di Pietro Chapel, un uomo eccezionale, conosciuto con il soprannome dialettale di Peiu, che non è solo il più apprezzato artigiano di Pontechianale, ma anche un grande amante e cultore della storia e delle tradizioni della sua valle. Dopo aver acquistato le baite diroccate, Peiu, nel 1999, ne iniziò, praticamente da solo, una minuziosa ricostruzione utilizzando pietre locali e legno di pino cembro. Con uno spirito di sacrificio di altre epoche, in una decina di anni ha completamente recuperato una struttura ormai quasi cancellata dal tempo sublimandola ad un vero piccolo e moderno "hotel di alta montagna" (con tanto di pannelli solari e connessione ad internet tramite sistema satellitare). Ma non è tutto. Grazie al suo amore per le cose antiche, il nostro amico ha arricchito l'esterno della muratura della costruzione con elementi architettonici originali da lui recuperati qua e là in valle, tra i quali un mascherone, la parte di un arco con scritta del 1523 proveniente dalla Borgata Martini di Sampeyre e la succitata monofora medievale che reca incisi i tre simboli fondamentali del ricco passato storico della Valle: sui piedritti, il giglio del Delfinato e il "rosace" e, sull'architrave a sesto acuto, la croce del Tempio. La finissima fattura del lavoro denota la mano di un artigiano esperto e di una committenza ricca ed esigente. Peiu ci ha detto di non conoscere la provenienza esatta del reperto che ha riutilizzato ma, da quanto gli è dato sapere, pare dovesse far parte della facciata di una casa privata situata nel comune di Sampeyre. Secondo noi, tale ipotesi è quanto mai verosimile. La croce presenta, infatti, notevoli similitudini con quelle presenti sulla facciata della parrocchiale di Villar Sampeyre, anch'esse eseguite secondo la tecnica del bassorilievo, il metodo di scultura che prevede l'asportazione della maggior parte della superficie di un blocco di pietra grezzo per permettere la creare di una figura in rilievo. Come abbiamo già sottolineato nei nostri libri parlando delle croci di Villar, questo è un dettaglio tutt'altro che secondario e trascurabile in quanto dà una chiara indicazione dell'importanza che dovette essere assegnata dal committente alla rappresentazione di questi emblemi. Nel caso della croce di Grongios Martre ciò è ancora più evidente, considerando la sua modesta dimensione rispetto a quella dell'arco stesso. Siamo convinti di non essere lontano dal vero ipotizzando che colui che la commissionò potesse essere un signorotto locale che voleva segnalare la sua vicinanza o sudditanza all'Ordine, se non addirittura lo stesso dignitario templare assegnato a queste zone. La forma della monofora con piedritti tozzi e irregolari, ricorda, per altro, molto da vicino quelle inserite in diverse case dei paesi della valle, dalla frazione Bertine di Casteldelfino sino a Chianale, probabilmente usate come materiale di recupero da case-palazzo signorili, nobiliari o religiose, o da castelli e commende andati distrutti. In ogni caso questo nuovo eccezionale reperto ci consente di confermare l'estesa presenza/influenza templare nella Valle Varaita, come abbiamo da tempo sostenuto nei nostri scritti cercando di mettere insieme le frammentarie informazioni ricavabili dalle scarse testimonianze giunteci dal passato. In questa valle i Templari dovevano disporre di vari ricetti per la protezione di pellegrini, viandanti e mercanti che, attraverso il Colle dell'Agnello e il Colle di San Veran, andavano e venivano dalla Francia. Si può supporre che una Precettoria fosse situata in Valmala, dalla quale dipendeva la cappella di Brossasco, mentre stazioni fortificate dovevano essere disseminate lungo il percorso di fondovalle, più precisamente a Villar Sampeyre e a Rore. Nell'alta valle è altresì ipotizzabile una presenza templare a Bellino, Casteldelfino e Pontechianale. La strada che conduceva in Francia era, dunque, sorvegliata e protetta dai Cavalieri che si insediarono a distanze tali da consentire un viaggio sicuro e assicurare un ostello protetto ai viandanti. Delle loro proprietà non è sopravvissuto molto, ma i pochi resti che di tanto in tanto riaffiorano dalla nebbia della storia, come questo di Grongios Martre salvato dalla passione di Peiu, ci consentono di convalidare sempre più le ipotesi in tal senso. È nostra profonda convinzione che grazie alla maggiore diffusione della conoscenza di questi temi, che solo una ventina di anni fa rimanevano confinati tra una ristretta cerchia di appassionati, altri reperti ancora celati in antiche abitazioni troveranno in futuro degno posto tra le testimonianze archeologiche medievali della valle, contribuendo ad una sua sempre più completa ricostruzione. Siamo certi che gli appassionati ricercatori del passato dei Templari non mancheranno di andare a vedere con i loro occhi questo eccezionale reperto. Tra l'altro, la visita a questa struttura nel cuore dell'antichissimo Bosco dell'Alevè, la foresta di cembri più estesa delle Alpi (da cui il suo nome, dall'occitano èlvou = pino cembro) le cui origini vengono fatte risalire al tempo delle grandi glaciazioni del quaternario, merita davvero la fatica di una modesta salita (3). Laila, figlia di Peiu, e suo marito Luca saranno lì ad accogliervi con cortesia e professionalità. La struttura è composta da una sala da pranzo con camino e quattro camere, due delle quali con balconi indipendenti, proprio ai lati della monofora, e una con un ampio terrazzo. Ogni camera è provvista di letto matrimoniale, poltrona letto e bagno indipendente. Un vasto piazzale antistante permette di godere un panorama fantastico a 180°: dal Monte Nebin di Sampeyre al Colle dell'Agnello, dai paesi di Casteldelfino e Villaretto a Castello e alla diga e al lago di Pontechianale. Prima di concludere non possiamo non citare la Nocciolaia (gai in lingua occitana), un grazioso volatile la cui immagine, scolpita su una pietra ollare posta nell'arco di una porta laterale, è divenuta il logo stesso di Grongios Martre. Esso è, infatti, la specie più caratteristica del Bosco dell'Alevè, dove, a causa dell'abbondanza di pinoli di pino cembro, frutti di cui si nutre e con cui appronta le dispense per l'inverno, raggiunge la massima densità di individui conosciuta. Molte sono le leggende nate su questo elusivo uccello dall'aspro richiamo. Una di queste riguarda la sua prodigiosa memoria. Ogni anno, infatti, la Nocciolaia nasconde enormi quantità di semi in busche scavate nel terreno che si pensa riesca poi a ritrovare non solo grazie ad elementi identificativi del territorio, ma anche con l'aiuto di una specie di "bussola solare". Dalle poche scorte dimenticate, in primavera, germoglieranno nuovi alberi che contribuiranno al rinnovo del bosco. Un'altra pietra scolpita ricorda questo suo incessante lavoro, riportando una filastrocca in lingua occitana: Gai Gai Gai pito la luveto pi senvai. Chi fosse interessato, può visitare il sito: www.grongiosmartre.com |
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Note: (1) Val Varaita Insolita (Edizioni Clypeus, 1992), Segni e Simboli in Val Varaita (Edizioni Clypeus, 1995), L'anima segreta della Val Varaita (Priuli & Verlucca editori, 2000). (2) La forma della vera croce templare si ispira a quella della croce patente (o croix pattèe) a bracci uguali che si allargano nella parte esterna, ma la sua particolarità è che le punte si aprono dal centro con andamento curvilineo, come curvilinea e concava è la parte terminale esterna: . La croce di Malta, con cui spesso viene erroneamente confusa, ha invece bracci e punte formati da linee rette: . (3) Si ritiene che Virgilio nell'Eneide, quando indica il Monviso come "Vesulus pinifer", ossia montagna visibile da ogni luogo e ricoperta di pini, facesse riferimento proprio a questa foresta. Altra menzione si trova nella "Historia naturalis" di Plinio il Vecchio. Il rifugio Grongios Martre |
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L'antica monofora e il particolare della croce templare Croci templari sulla facciata della chiesa di Villar Sampeyre La Nocciolaia (gai in lingua occitana), divenuta logo del rifugio e la filastrocca popolare a lei dedicata |