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I gattini di Nizza

 
La storia dei gattini di Nizza, riportata dal periodico locale l'"Eclaireur du Dimanche" del 29 maggio 1921 e dalla "Revue Métapsychique" del gennaio-febbraio 1922, venne ripresa poi da qualche autore, ma non è molto conosciuta nemmeno tra gli specialisti. Ci sembra che meriti di essere riconsiderata.
Nei primi di maggio del '21, nel retrobottega di una panetteria nizzarda, gestita dalla famiglia Davico, al n. 20 del quai Lunel, una gatta mise al mondo una cucciolata di quattro gattini, uno nero, un altro bianco e nero, e una coppia di bianchi e grigi. I primi due erano perfettamente normali, ma gli altri non tardarono a presentare una strana anomalia che, non perfettamente visibile dapprima, divenne più evidente con il passare dei giorni. I due portavano sul petto, in grigio scuro su fondo più chiaro, il numero "1921" chiaramente leggibile e sormontato da tre punti. Su di uno la scritta, piuttosto confusa nei primi giorni, si fece in seguito maggiormente palese, ad eccezione del numero "2" che non apparve mai chiaramente.
Naturalmente il fenomeno suscitò una certa curiosità, nei coniugi Davico ed anche nei loro clienti.
La notizia giunse alla redazione dell'"Eclaireur de Nice" il quale inviò uno dei più noti veterinari della città, il dottor Duquet, perché controllasse il fenomeno, e questi non potè che confermarlo: di qui la relazione, apparsa sul numero domenicale del giornale e corredata da una fotografia del primo gattino, presentata semplicemente come un "capriccio della natura".
Una seconda nota sull'argomento, apparve, nello stesso settimanale, poco tempo dopo, e questa, qualche mese più tardi, venne letta dal dottor Geley, direttore dell'Istituto Metapsichico Internazionale di Parigi. Molto interessato al fatto, il Geley scrisse a Nizza, all'amico conte Prozor, pregandolo di fare un'inchiesta in proposito. Questi si mise in contatto col veterinario e si recò sul posto con un fotografo e con un suo amico. Ne risultò il seguente processo verbale che riportiamo per intero.
"Noi sottoscritti, conte Prozor, ex-ministro plenipotenziario; signor Duquet, veterinario; signor Rizzo, fotografo, e signor Bogdanow, segretario del Consolato di Russia, tutti abitanti a Nizza, dichiariamo di avere esaminato il gatto portante attraverso il petto il millesimo 1921, fenomeno che era stato debitamente costatato poco dopo la nascita del gatto stesso, nel mese di maggio dell'anno in corso, da uno dei firmatari, signor Duquet, veterinario a Nizza, e riportato dall'"Eclaireur du Dimanche" del 29 maggio 1921 con la riproduzione di una fotografia della bestiola, eseguita per conto del giornale e che il signor Duquet certifica esatta. Le macchie grigio scure disposte in cifre su fondo più chiaro (il signor Duquet dichiara che lo era ancor più al tempo del suo esame in maggio) sono formate da peli naturali, senza alcuna traccia di colorazione. Le cifre imitano, per la loro forma, quelle che si trovano stampate su dei sacchi che il signor Davico, panettiere, cui appartiene il gatto e nel cui magazzino ci siamo recati, prende in prestito dalla fabbrica di paste alimentari situata, come la panetteria, sul quai del porto di Nizza: la prima al quai Lunel n. 20, la seconda al quai Papacino n. 8. Alcuni di questi sacchi portano, al di sopra del millesimo, tre stelle, a quanto ci hanno affermato gli impiegati del deposito della fabbrica. Abbiamo costatato che, parimenti, il millesimo sul petto del gatto è sormontato da tre piccole macchie. Al momento della nostra visita alla fabbrica i sacchi così marcati non hanno potuto essere trovati, ma ce ne sono stati mostrati altri in cui le cifre sono della stessa forma di quelle sul pelo del gatto, ma le stelle, in numero di quattro, sono disposte intorno al millesimo. Infine in altri sacchi le cifre hanno forma diversa. La cucciolina cui apparteneva il gatto in questione ne comprendeva altri tre di cui l'uno, grigio come questo e come la madre (quest'ultima più chiara), porta egualmente il millesimo, situato più in basso, attraverso il ventre, e molto meno distinto. Abbiamo fotografato i due gatti e i sacchi. Gli ultimi due gatti, l'uno nero, l'altro bianco e nero, non presentano alcuna particolarità.
Attestiamo formalmente che l'esame del fenomeno, al quale ci siamo dedicati, non permette alcuna supposizione di una qualsiasi frode".
M. Prozor - Duquet - N. Bogdanow - J. Rizzo

I fatti sono dunque accertati. La loro spiegazione, secondo il resoconto del Prozor, è stata data, con saggezza popolare, dalla stessa signora Davico, la quale gli comunicò un fatto molto interessante.
Un giorno, verso la metà della gestazione, la gatta madre inseguì un topo, che si rifugiò dietro un sacco di farina. Il sacco non presentava nessun'iscrizione, ma, poiché la gatta stava per slanciarsi contro di esso, la brava panettiera, per evitare che l'animale lo lacerasse con le unghie, come aveva fatto altre volte, lo coprì con uno dei sacchi vuoti avuto in prestito dalla fabbrica di paste alimentari, che portava appunto, ben visibile, il millesimo 1921 sormontato da tre stelle.
Interrotta nella sua caccia, la gatta non abbandonò per questo e, per ore, rimase all'agguato, rannicchiata su di una sedia, aspettando che il topo tornasse a mostrarsi, con gli occhi fissi sul sacco e, di conseguenza, sulla scritta. La relazione tra quest'episodio e la scritta apparsa sul pelo dei due gattini appaiono evidenti a chiunque come lo apparve alla signora Davico, che pensò senz'altro alle cosiddette voglie o impressioni materne e vide naturalmente in tutta la vicenda un fenomeno di questo genere.
Nel 1923 la medicina era ancora molto scettica nei riguardi delle voglie materne, sebbene già da qualche decennio alcuni studiosi le ammettessero: a esempio il Mantegazza nella sua Fisiologia dell'amore, che risale al 1873. Oggi il fenomeno è generalmente accettato sebbene se ne ignorino totalmente i processi. Si tratta evidentemente di una forte impressione psichica che influisce sul processo generativo in modo quanto mai oscuro: un tipico caso di "mente su materia".
Il Prozor tende a considerare il fenomeno in una particolare complessità. A esempio pensa che lo stato psichico in cui si trovava la gattina fosse stato eccitato dalle condizioni di nervosismo in cui trovava la sua padrona, che tempo prima era stata vittima di un tentativo di furto con scasso. Sebbene gli stati ansiosi possano essere telepatizzati dall'uomo all'animale, questa supposizione non sembra necessaria. D'altra parte il Prozor dà una particolare importanza al fenomeno verificatosi nel secondo gattino, la cui scritta divenne sempre più distinta col passare del tempo.
Questa bestiola venne fotografa più volte, dal maggio al novembre, e le fotografie mostrano una sempre maggiore nettezza delle cifre: lo studioso presuppone che un'attività dinamo-psichica abbia continuato ad agire dalla madre sul figlio, anche dopo la sua nascita, e questo gli permette di ipotizzare un legame tra il fenomeno e i processi dell'evoluzione, ipotesi che però non viene sviluppata. Questo semplice accenno ci sembra però della massima importanza.
I biologi, anche quando ammettono la possibilità di un'influenza di alcune forti emozioni delle madri sull'organismo dei figli ancora in gestazione, escludono che essa abbia alcun effetto nei riguardi dell'evoluzione. È certo che le cosiddette voglie materne non sono ereditarie, e questo basta ad escludere che esse possano essere inserite in un processo evolutivo. Per la biologia, l'evoluzione dipende da mutamenti avvenuti, in modo puramente casuale, nel patrimonio genetico dei genitori o di un genitore, mutazioni che possono dare risultati tanto positivi quanto negativi. Poiché tali risultati sono ereditari, nel primo caso avrà inizio una discendenza più adatta alla vita e quindi destinata a sussistere e magari a sostituirsi alla specie da cui deriva; nel secondo caso si avrà una discendenza meno adatta e destinata a scomparire. Il problema è tutto nel significato che si vuole e si può dare all'espressione "casualità delle mutazioni".
Quando affermiamo che qualche cosa è avvenuta per caso, diciamo sostanzialmente che ignoriamo le cause per le quali è avvenuta. Per quanto gli scienziati parlino spesso e volentieri di "caso creatore" ipostatizzando il concetto di caso, non ci risulta che alcuno di loro pensi a una casualità assoluta, responsabile di avvenimenti che sarebbero di per sé senza causa. Affermando dunque che i mutamenti genetici avvengono per caso, si vuole semplicemente dichiarare che s'ignorano le cause per cui avvengono. Non si può allora escludere che tali cause siano di ordine psichico e precisamente del tipo "mente su materia".
Le voglie materne non sono ereditarie: questo significa che, se pure comportino una modificazione nell'embrione, non agiscono sul suo patrimonio genetico, che non subisce alcun mutamento. Ma ciò non esclude che non abbiano ancora influenza nei processi evolutivi. Esse, infatti, dimostrano comunque che un'impressione che la madre riceva dall'ambiente può agire sulla sua discendenza. Ora, vi è un fenomeno notissimo, il cosiddetto mimetismo protettivo, che potrebbe senz'altro derivare da un'impressione esercitata sulla madre dall'ambiente e che è molto simile al caso dei gattini di Nizza. Per i biologi si tratta di tutt'altra cosa: una data specie assume date forme mimetiche per semplice caso e s'impone perché queste forme la proteggono dai suoi nemici dissimulandola. Ma questo non è minimamente dimostrato. Potrebbe darsi benissimo che, mentre una sola impressione casuale può influire sulla prole senza però mutare il suo patrimonio genetico e quindi portando con sé una modificazione non ereditaria, un'impressione ripetuta per ogni gravidanza e per più generazioni influisca più profondamente, raggiungendo infine il patrimonio genetico della prole e diventando ereditaria. In altre parole, se la gatta di Nizza a ogni sua gravidanza si fosse trovata a inseguire un topo e ad attenderlo per ore davanti ad un sacco recante la scritta 1921 e questo si fosse ripetuto per tutta la sua discendenza femminile, c'è da domandarsi se, a un certo momento, non avremmo avuto una particolare razza di gatti recanti ereditariamente il numero 1921 sul petto o sul ventre.
Che il mimetismo protettivo sia realmente tale diviene ogni giorno più dubbio e oggi molti biologi lo escludono. Vi sono farfalle che imitano perfettamente, con le loro forme, le foglie degli arbusti su cui si posano, come la Kallima Inachis o la Polygonia C, e altre, come la comune Cavolaia che risultano immediatamente visibili, e tuttavia le prime non risultano più sicure delle seconde e sono anzi meno diffuse. D'altra parte certe forme di mimetismo sono così esatte e minute che è molto improbabile che si siano attuate per caso: una probabilità su molti miliardi. Appare molto più verosimile una diretta influenza dell'ambiente sull'animale per via, diciamo pure psichica. Se un'impressione conscia o inconscia nella madre gestante può modificare in qualche modo l'organismo del nascituro, non vi è ragione per escludere che tale modificazione non possa estendersi anche al programma genetico.
Le implicazioni che ne derivano sono molte e varie. Prima di tutte quella che l'evoluzione sembrerebbe presentarsi allora come un fenomeno nettamente femminile, cosa che in alcuni insetti, ad esempio le api, è innegabile. Ma su quest'aspetto del problema, in prevalenza speculativo, ho parlato altrove.


  



Bibliografia:

P. Mantegazza: Fisiologia dell'amore, 1873
E. Duchatel e R. Warcollier: Les Miracles de la volonté, 1912.
M. Prozor: Un cas présumé d'idéoplastie pendant la gestation (in "Revue Métapsychique", 1, 1922).
U. Dèttore: Normalità e paranormalità, 1977.

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